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- 4,5 milioni di italiani senza negozi alimentari di prima necessità.
- Tra il 2019 e il 2024, persi 7.127 negozi tradizionali.
- Inflazione alimentare in Italia: aumento del 24,7% (2019-2023).
La <a class="crl" target="_blank" rel="nofollow" href="https://fiesa.confesercenti.it/commercio-fiesa-confesercenti-oltre-45-milioni-di-italiani-hanno-perso-laccesso-a-uno-o-piu-negozi-alimentari-essenziali/”>Fiesa Confesercenti, nel suo recente avvertimento, mette in luce una realtà allarmante per il contesto economico e sociale dell’Italia, specialmente nelle regioni interne e nei borghi minori. L’unione dell’inflazione in costante crescita, accompagnata da un evidente spopolamento, sta severamente minacciando l’esistenza dei piccolissimi esercizi alimentari, considerati cruciali nella quotidianità di milioni di cittadini.
La desertificazione commerciale: un’emergenza nazionale
Un’allarmante “desertificazione commerciale” si sta configurando come una vera e propria emergenza a livello nazionale. I dati raccolti nello studio “Alimentare il territorio”, diffuso dalla Fiesa Confesercenti, rivelano che quasi 4,5 milioni di residenti italiani risiedono in municipalità dove è venuto a mancare almeno uno dei punti vendita alimentari di primaria necessità, quali fornai, macellerie, fruttivendoli o negozi di prodotti lattiero-caseari. Questo si traduce in 598 comuni senza panificio, 576 senza negozi di frutta e verdura, 650 senza macelleria e 232 senza punti vendita di latte e derivati. Una vera e propria desertificazione commerciale che impatta negativamente sulla qualità della vita dei residenti, soprattutto nelle aree interne, nei borghi e nei piccoli paesi.
La riduzione delle attività commerciali colpisce sia la distribuzione tradizionale (panifici, ortofrutta, macellerie, pescherie, negozi specializzati) sia i minimarket e i supermercati indipendenti. Tra il 2019 e il 2024, la distribuzione tradizionale ha subito una contrazione da 123. La situazione si attesta su un totale di 115.968 attività commerciali registrate, evidenziando un decremento di ben 7.127 negozi e coinvolgendo all’incirca 12.000 addetti. È interessante notare come la contrazione sia particolarmente pronunciata nei centri abitati che contano meno di . Anche le metropoli non se la cavano meglio: il loro calo arriva fino a un tasso pari a -. Non lascia indifferente il dato riguardante minimarket e supermercati indipendenti; questi ultimi mostrano una sorprendente capacità di resistere alla crisi occupazionale, per cui l’abbattimento della forza lavoro è circoscritto a una percentuale contenuta della perdita tangibile che si può osservare nel campo delle superfici commerciali.
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L’impatto dell’inflazione e le contromisure proposte
La crescita dell’inflazione alimentare ha accentuato notevolmente le difficoltà economiche esistenti; infatti, in Italia si è registrato un incremento dei prezzi pari al 24,7%, nel periodo compreso tra il 2019 e il 2023, mentre a livello europeo si attesta su una media ben superiore: 32,1%. A fronte di ciò si osserva un calo significativo degli acquisti (-10%) poiché le famiglie italiane spendono fino al14% in più ma ottengono minori quantità di prodotti.
In questo contesto problematico emergono dalle proposte avanzate da Fiesa Confesercenti tre direttrici fondamentali per correggere tale tendenza:
1. Riconoscere l’importanza dell’accessibilità alimentare nelle aree vulnerabili mediante il potenziamento dei Distretti del Commercio ed elevando i negozi vitali a veri e propri pilastri delle comunità locali.
2. Promuovere stabilità finanziaria per le piccole imprese vicine ai cittadini attraverso la riduzione delle spese operative — cominciando dal costo della manodopera — con l’implementazione di misure compensative mirate. 3. Favorire sinergie tra commercio e sviluppo territoriale integrato; poiché solo là dove ci sono punti vendita può persistere l’effettiva opportunità di vita sociale ed economica nel quartiere stesso.

Il caso del Canavese: un esempio emblematico
Il problema della desertificazione commerciale non è solo un fenomeno nazionale, ma si manifesta con particolare acutezza in alcune aree specifiche, come il Canavese, in Piemonte. In questa zona, diversi comuni montani risultavano già nel 2016 privi di esercizi commerciali, mentre nel settembre 2024 la chiusura dello storico negozio di alimentari di Levone ha suscitato grande dispiacere nella comunità locale.
In Piemonte, tra il 2012 e il 2024, oltre 13.000 realtà commerciali nel settore del commercio al dettaglio sono cessate, come evidenziato dalla Confcommercio Piemonte.
Nella regione del Canavese, si sono intraprese diverse iniziative per contrastare questo fenomeno, tra cui spiccano il progetto della Città metropolitana di Torino volto a ottenere il riconoscimento regionale per il “Distretto del cibo della pianura canavesana” e le intese siglate da sei amministrazioni comunali per dare nuovo impulso al commercio locale.
Le peculiarità locali, come l’estensione e la complessità orografica del territorio, la prevalenza di una popolazione anziana, le limitazioni alla mobilità e una richiesta di servizi di prossimità non sempre soddisfatta, accentuano ulteriormente la situazione nel Canavese. All’interno di tale scenario, il fatto che un esercizio commerciale cessi la propria attività comporta non solo l’obbligo di affrontare tragitti più lunghi per le proprie necessità alimentari, ma implica anche una significativa perdita per la comunità: scompare così un’importante dimensione sociale, rappresentata da un luogo d’incontro e da quelle relazioni quotidiane tanto preziose.
Un futuro incerto: la necessità di un intervento strutturale
L’immagine rappresentata dalla Fiesa Confesercenti solleva preoccupazioni considerevoli ed esige una risposta tempestiva e sistematica per scongiurare il rischio di una desertificazione commerciale ormai ineluttabile. Gli incentivi sporadici o i mercatini temporanei non sono sufficienti; è necessario elaborare un piano globale che abbracci aspetti quali mobilità, logistica sostenibile, supporto alle microimprese, abbattimento dei costi operativi e riqualificazione del territorio.
In particolare nel Canavese, ciò implica l’interconnessione dei piccoli comuni mediante sinergie tra attività commerciali locali. Occorre investire nella promozione delle produzioni autoctone attraverso filiere brevi. Inoltre, garantire l’accessibilità ai negozi di prossimità costituisce un pilastro imprescindibile della qualità della vita tanto nelle aree urbane quanto in quelle rurali: la sua assenza comporta inevitabilmente un abbassamento dello standard vitale.
Preservare il tessuto sociale: un imperativo per il futuro
L’assenza dei piccoli esercizi commerciali dedicati all’alimentazione va oltre una semplice problematica economica; tocca profondamente aspetti sociali fondamentali. Queste piccole imprese fungono da pilastri essenziali nella costruzione della coesione sociale, specialmente nelle zone rurali e nei comuni meno abitati. La loro chiusura determina una fragilità nel tessuto comunitario stesso; ciò comporta un incremento dell’isolamento sociale, nonché un aumento della marginalizzazione delle categorie più vulnerabili della popolazione, quali anziani o individui con difficoltà motorie.
Risulta quindi imperativo che tutte le istituzioni si impegnino attivamente ad affrontare questa crisi mediante politiche concrete destinate al supporto dei negozi alimentari minori, ed assicurare così l’accessibilità ai prodotti essenziali per ciascun cittadino.
Un principio basilare riguardante la tutela del consumatore pertinente alla discussione proposta concerne il diritto all’accesso a beni e servizi fondamentali; tale principio sostiene che ogni individuo deve poter procurarsi cibi indispensabili senza gravosi oneri economici, ovunque risieda.
In un’ottica evoluta sulla protezione del consumatore, emerge poi l’importanza d’incoraggiare modelli di consumo sia sostenibili sia responsabili. Supportare i produttori artigianali della zona, incentivare l’acquisto di beni a chilometro zero e combattere lo spreco di cibo rappresenta un passaggio cruciale.
Prendiamoci un momento per riflettere: la scomparsa di un punto vendita alimentare nella nostra area o comunità locale non si traduce esclusivamente in una difficoltà economica per l’esercente; piuttosto essa incide profondamente su tutto il contesto sociale circostante. Quali azioni possiamo intraprendere individualmente al fine di promuovere i negozi locali e garantire la salvaguardia dei legami sociali nella nostra comunità?








