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- Centri comprensoriali gestiscono il 70% dei rifiuti plastici urbani.
- Utili operativi crollati dell'87% tra il 2021 e 2023.
- Giro d'affari imprese in contrazione del 30% rispetto al 2022.
La complessa situazione del riciclo della plastica in Italia sta generando un effetto domino preoccupante, con ripercussioni che si estendono dalla gestione dei rifiuti urbani al tessuto industriale. L’allarme è stato lanciato dall’Unione nazionale imprese raccolta, recupero, riciclo e commercio dei maceri e altri materiali (Unirima), evidenziando il rischio di un blocco imminente del conferimento delle raccolte differenziate comunali.
L’Intersezione Critica tra le Filiere di Plastica e Carta
Il nodo cruciale di questa crisi risiede nei centri comprensoriali (CC), punti di intersezione tra le filiere di raccolta e riciclo della plastica e della carta. Questi centri, circa 250 attivi sul territorio nazionale, rappresentano il primo anello della filiera impiantistica del settore riciclo plastica, gestendo circa il 70% dei rifiuti plastici provenienti dalla raccolta urbana. Qui, bottiglie, film e contenitori vengono pressati prima di essere inviati ai centri di selezione e stoccaggio (CSS) e, successivamente, agli impianti di riciclo.
Il rallentamento nella filiera della plastica, causato da difficoltà nella trasformazione dei rifiuti in nuova materia prima, sta creando un effetto a catena. Gli impianti di riciclo, incapaci di ritirare i rifiuti, congestionano i centri di selezione, che a loro volta non possono più accettare materiali dai centri comprensoriali. Questo accumulo di rifiuti nei CC rischia di superare i limiti di stoccaggio autorizzati e i limiti imposti dal certificato di prevenzione incendi (CPI), portando all’inevitabile blocco dei conferimenti delle raccolte differenziate.

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L’Allarme di Assorimap e le Cause della Crisi
La situazione è ulteriormente aggravata dall’annuncio di Assorimap, l’Associazione nazionale riciclatori e rigeneratori di materie plastiche, che rappresenta il 90% della filiera, di fermare gli impianti a causa di perdite insostenibili. Questa decisione, motivata dall’impennata dei costi energetici, dall’incertezza giuridica, dalla frammentazione normativa e dalla concorrenza globale, rischia di paralizzare l’intero sistema nazionale dei rifiuti.
Le cause di questa crisi sono molteplici. Da un lato, i costi per produrre materiale riciclato sono superiori a quelli del materiale vergine, rendendo il riciclo meno competitivo. Ad esempio, il PET clear riciclato costa _quasi il doppio_ rispetto al PET vergine importato dall’Asia. Dall’altro, la mancanza di sostegno governativo, a differenza di quanto accade in altri Paesi europei, ha messo in ginocchio le imprese italiane del settore.
Le cifre non lasciano dubbi: gli utili operativi hanno subito un drammatico calo dell’87% tra il 2021 e il 2023, scendendo da 150 milioni di euro a soli 7 milioni, con una previsione di azzeramento entro il 2025. Il giro d’affari delle imprese ha subito una contrazione del 30% rispetto al 2022.
Le Conseguenze Territoriali e le Richieste di Intervento
Le prime conseguenze di questa crisi si sono già manifestate in Sicilia e Sardegna, dove i comuni sono stati costretti a rallentare o sospendere la raccolta della plastica. In Sicilia, molti impianti di stoccaggio hanno chiuso o smesso di accettare la plastica, creando problemi di gestione, rischi igienico-sanitari e pericoli di incendi ed esplosioni.
Di fronte a questa emergenza, Unirima e Assorimap chiedono interventi urgenti e strutturali. Tra le proposte avanzate, si evidenziano l’anticipazione al 2027 dell’obbligo di inserire plastica riciclata negli imballaggi, il riconoscimento dei crediti di carbonio per chi produce materie prime seconde, l’ampliamento dei certificati bianchi e un incremento dei controlli sulla tracciabilità delle importazioni.
Verso un Futuro Sostenibile: Quali Soluzioni?
La crisi del riciclo della plastica rappresenta una sfida complessa che richiede un approccio integrato e una visione a lungo termine. È necessario incentivare la domanda di plastica riciclata, rendendola più competitiva rispetto alla plastica vergine. Questo può essere fatto attraverso politiche fiscali, incentivi economici e campagne di sensibilizzazione dei consumatori.
Allo stesso tempo, è fondamentale investire in nuove tecnologie e infrastrutture per migliorare l’efficienza del processo di riciclo e ridurre i costi. È inoltre necessario rafforzare i controlli sulle importazioni di plastica vergine e riciclata da Paesi extra-UE, per garantire che rispettino gli standard ambientali e di sicurezza europei.
Un’Inversione di Tendenza Necessaria: Ripensare il Nostro Approccio ai Rifiuti
La situazione attuale ci impone una riflessione profonda sul nostro modello di consumo e sulla gestione dei rifiuti. *È necessario passare da un’economia lineare, basata sul “prendi, produci, usa e getta”, a un’economia circolare, in cui i rifiuti sono considerati risorse preziose da riutilizzare e riciclare.* Questo richiede un cambiamento culturale, che coinvolga tutti gli attori della società, dai produttori ai consumatori, dalle istituzioni alle imprese.
Una nozione base di difesa del consumatore, in questo contesto, è la _responsabilità estesa del produttore (EPR)_, che impone ai produttori di farsi carico dei costi di gestione dei rifiuti derivanti dai loro prodotti. Una nozione avanzata è invece la _progettazione ecocompatibile_, che mira a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti fin dalla fase di progettazione, facilitandone il riciclo e il riutilizzo.
In conclusione, la crisi del riciclo della plastica è un campanello d’allarme che ci invita a ripensare il nostro rapporto con i rifiuti e a costruire un futuro più sostenibile. Come consumatori, possiamo fare la nostra parte scegliendo prodotti con imballaggi riciclabili, riducendo il consumo di plastica e partecipando attivamente alla raccolta differenziata. Ma è necessario anche un impegno forte da parte delle istituzioni e delle imprese, per creare un sistema di riciclo efficiente, competitivo e rispettoso dell’ambiente.








