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- Importazioni acciaio UE: da 28,9 milioni tonnellate (2022) a 27,4 (2024).
 - Germania: produzione industriale diminuita del 9% dal 2020.
 - Settore auto: 18.000 posti persi nel 2025.
 
L’industria europea soffocata tra nuove misure e incertezze
L’industria europea si trova in una situazione critica, stretta tra costi energetici elevati e una domanda in calo. In questo contesto, l’Unione Europea introduce nuove misure che, anziché proteggere la produzione, rischiano di aggravarne la situazione. Due provvedimenti in particolare destano preoccupazione: la riforma delle misure di salvaguardia sull’acciaio e il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), la tassa verde alle frontiere.
La revisione delle misure di protezione sull’acciaio prevede una riduzione fino al 50% delle quote di importazione e un’imposta del 50% sui volumi eccedenti tali quote, rispetto al 25% attuale. Di conseguenza, il limite massimo scenderà al 13% del mercato, corrispondente a poco più di 18 milioni di tonnellate all’anno. Per il comparto metalmeccanico, tale scenario potrebbe comportare depositi vuoti e difficoltà nelle catene di approvvigionamento non appena la richiesta riprenderà a salire. Nel 2022, l’importazione di acciaio nell’UE raggiunse i 28,9 milioni di tonnellate, calando a 25,6 nel 2023 e risalendo a 27,4 nel 2024. L’intento di Bruxelles è di diminuire di circa tre milioni la disponibilità di hot rolled coil, un materiale indispensabile per l’industria manifatturiera.

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 - 🤔 Interessante prospettiva: e se la deindustrializzazione fosse un'opportunità...?...
 
Il CBAM: un salto nel buio per le imprese
Il CBAM, meccanismo “anti dumping ambientale”, dovrebbe compensare la fine delle allocazioni gratuite di CO2. Tuttavia, i criteri ufficiali non sono ancora disponibili e non verranno resi pubblici prima di marzo 2026. Ciò implica che il sistema entrerà in vigore senza che le aziende abbiano chiarezza sugli importi da corrispondere. Si prevede che il CBAM aggiungerà un onere di 60-70 euro per tonnellata sull’acciaio prodotto con altoforno. Sommando l’impatto dei nuovi dazi, il costo potrebbe facilmente raggiungere i 100 euro aggiuntivi per tonnellata. In un quadro di domanda contenuta, questo potrebbe generare un incremento dei prezzi e una riduzione della competitività.
Il paradosso del CBAM è che potrebbe portare alla chiusura di forni in Europa e all’apertura di fabbriche nei Balcani, poiché il sistema non prevede rimborsi per l’export e non tutela i settori a valle, come componentistica e automotive. Molte piccole e medie imprese (PMI) potrebbero essere costrette a delocalizzare in paesi con costi ambientali inferiori.
La deindustrializzazione europea: un quadro allarmante
L’industria europea sta subendo una lenta ma inesorabile deindustrializzazione, mascherata da sostenibilità e innovazione. La Germania, locomotiva del continente, ha visto la sua produzione industriale diminuire di circa il 9% dal 2020 a oggi. Il settore automobilistico, una volta trainante, si trova in difficoltà, con oltre 90.000 posti di lavoro a rischio entro il 2030 e 18.000 già persi nel solo 2025. La produzione automobilistica è passata da 5,6 milioni di unità nel 2014 a meno di 4,1 milioni nel 2024, registrando un calo del 27,4%.
Nel frattempo, i capitali migrano verso paesi come India, Cina e Stati Uniti, dove l’energia costa meno e le regole sono più flessibili. La disattivazione degli impianti nucleari tedeschi nel 2023 e l’atto di sabotaggio del Nord Stream hanno contribuito a rendere l’energia europea tra le più onerose a livello globale. Nel 2025, le imprese italiane si troveranno ad affrontare un aumento del 19,2% nei costi energetici, con incrementi del 210,5% per il gas e del 186,8% per l’elettricità rispetto al 2020.
Verso un futuro incerto: quale strategia per l’industria europea?
La situazione attuale solleva interrogativi sul futuro dell’industria europea. Le misure introdotte dall’UE, come la riforma delle salvaguardie sull’acciaio e il CBAM, rischiano di penalizzare ulteriormente le imprese, compromettendo la loro competitività e favorendo la delocalizzazione. È necessario un cambio di rotta, con politiche che sostengano la produzione interna, incentivino gli investimenti in tecnologie innovative e garantiscano costi energetici competitivi.
Il Clean Industrial Deal, il piano da 100 miliardi di euro lanciato dalla Commissione Europea nel febbraio 2025, rappresenta un passo nella giusta direzione, ma potrebbe non essere sufficiente a invertire la tendenza. L’obiettivo è costruire un’economia in grado di assicurare impiego, dignità e capacità di ripresa, senza compromettere l’autonomia produttiva. L’Europa deve ora decidere se intende continuare a svolgere un ruolo di primo piano nel futuro o limitarsi a essere un semplice mercato.
Difesa del consumatore: un approccio consapevole all’acquisto
Amici consumatori, in questo scenario complesso, è fondamentale adottare un approccio consapevole all’acquisto. Informarsi sull’origine dei prodotti, valutare l’impatto ambientale delle nostre scelte e sostenere le imprese che investono in sostenibilità sono azioni che possono fare la differenza.
Una nozione base di difesa del consumatore è che abbiamo il diritto di conoscere la provenienza e le caratteristiche dei prodotti che acquistiamo. Una nozione avanzata è che possiamo utilizzare il nostro potere d’acquisto per influenzare le politiche aziendali e promuovere un’economia più sostenibile e responsabile.
Riflettiamo insieme: le nostre scelte di consumo possono contribuire a plasmare il futuro dell’industria europea. Sosteniamo le imprese che investono in innovazione e sostenibilità, e chiediamo alle istituzioni politiche che adottino misure a sostegno della produzione interna. Solo così potremo garantire un futuro prospero e sostenibile per il nostro continente.








