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Gaza, un ecocidio: quali sono le conseguenze ambientali?

Un'analisi approfondita rivela come la distruzione sistematica a Gaza non si limiti alle vite umane, ma comprenda anche una devastazione ambientale senza precedenti, con conseguenze a lungo termine per la popolazione e l'ecosistema.
  • Oltre 60.000 morti nella Striscia di Gaza da ottobre 2023.
  • 36,8 milioni di tonnellate di detriti edilizi prodotti tra 2023-2024.
  • Distrutto l'85% del sistema idrico della Striscia di Gaza.

## Un Genocidio Ecologico in Corso

La situazione nella Striscia di Gaza, a partire dal 7 ottobre 2023, si configura come una tragedia umanitaria di proporzioni inaudite, aggravata da un disastro ambientale che minaccia la sopravvivenza stessa della popolazione. Le accuse di genocidio mosse contro Israele, alla luce della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948, trovano un ulteriore elemento di conferma nella deliberata riduzione alla fame della popolazione civile, una pratica che, se perpetrata con l’intento di distruggere un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, rientra nella definizione di genocidio.

La distruzione sistematica di infrastrutture civili, abitazioni, siti storici e del patrimonio culturale, unita alla devastazione dell’ambiente naturale, configura un quadro di annientamento collettivo che va ben oltre le semplici operazioni militari. L’ONG israeliana B’Tselem, attiva da 35 anni nel monitoraggio delle violazioni dei diritti umani nei territori occupati, sottolinea come la situazione attuale debba essere compresa nel contesto di oltre settant’anni di regime violento e discriminatorio imposto ai palestinesi.

Già nel dicembre 2023, l’UNICEF aveva definito Gaza come il luogo più pericoloso al mondo per i bambini, mentre un rapporto di Oxfam del gennaio 2024 documentava l’impatto distruttivo senza precedenti di questo conflitto sulla popolazione civile in un arco di tempo così ristretto. Le stime attuali, riportate da Al Jazeera, parlano di oltre 60.000 morti nella Striscia a partire da ottobre 2023, con un numero incalcolabile di dispersi.

La popolazione di Gaza, stremata dalla guerra e dalla fame, è ulteriormente provata dal caldo soffocante, aggravato dalla distruzione di edifici e alberi che fornivano ombra e riparo. A ciò si aggiunge il divieto, imposto dall’esercito israeliano, di fare il bagno al mare, privando i gazawi di un’ulteriore possibilità di refrigerio.

L’Ecocidio: Una Distruzione Sistemica dell’Ambiente

Uno studio congiunto delle università di Edimburgo e Oxford, pubblicato il 17 luglio, evidenzia come ogni serio tentativo di ricostruzione debba necessariamente passare attraverso una fine urgente e permanente del genocidio, dell’occupazione militare e dell’assedio di Gaza. Le perdite, secondo lo studio, sono incommensurabili e irrimediabili, non solo in termini di vite umane e traumi psicologici, ma anche per la devastazione dell’ambiente naturale e i danni al clima.

Ben prima del 2023, una percentuale inferiore al 3% dell’acqua di Gaza era conforme agli standard di potabilità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, come documentato dal rapporto “Ecocidio: la deliberata e sistematica distruzione dell’ambiente a Gaza da parte di Israele” dell’ONG palestinese Al Mezan. Lo studio di Edimburgo e Oxford stima che, nel periodo tra ottobre 2023 e dicembre 2024, siano stati prodotti circa 36,8 milioni di tonnellate metriche di detriti edilizi, equivalenti a 3680 Tour Eiffel.

Lo smaltimento di tali detriti richiederebbe oltre 2,1 milioni di viaggi con camion, per un totale di 29,5 milioni di chilometri percorsi, generando circa 65.642,40 tonnellate di CO2 equivalente. La mancanza di accesso a macchinari pesanti per la rimozione e il trattamento dei detriti ritarderebbe ulteriormente le possibilità di ricostruzione, con gravi impatti sulla salute derivanti dallo smaltimento di un tale volume di rifiuti in un’area densamente popolata.

È importante sottolineare come Israele abbia a lungo impedito l’ingresso di macchinari pesanti a Gaza, mirando specificamente a quelli utilizzati per scavare e rimuovere detriti. Inoltre, l’aria inquinata da polveri e altri contaminanti, insieme al frastuono causato dal transito di centinaia di camion, inciderebbe notevolmente sulla salute della popolazione palestinese, specialmente su chi si occuperebbe della gestione dei detriti tossici.

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L’Impatto Ambientale del Conflitto: Emissioni Record e Distruzione dei Suoli

Il genocidio israeliano a Gaza, con oltre 54.000 morti accertate, potrebbe generare fino a 31 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, superando le emissioni annuali di paesi come il Libano o l’Estonia. Questo dato emerge da uno studio del Social Science Research Network, in fase di revisione per la rivista scientifica One Earth.

Lo studio ha stimato l’impatto in termini di emissioni non solo delle attività militari israeliane, ma anche del trasporto di aiuti, delle operazioni propedeutiche ai bombardamenti e della futura ricostruzione di Gaza. Quest’ultima, da sola, rappresenterebbe la parte più consistente delle emissioni, con 29 milioni di tonnellate di CO2. Tra le emissioni dirette, i trasporti (in particolare i camion di aiuti e i voli cargo che riforniscono Israele di armi) e il sistema elettrico gazawi (in gran parte distrutto dagli attacchi) sono i principali responsabili.

La distruzione deliberata di un ecosistema naturale come arma di guerra rientra nella definizione di ecocidio. In Palestina, questa pratica è stata denunciata anche prima del 7 ottobre. Tuttavia, è a seguito del genocidio di Gaza che il concetto ha guadagnato nuova rilevanza.

Un’indagine condotta congiuntamente da Pengon – Friends of the Earth Palestine e dall’Università di Newcastle ha messo in luce il peggioramento delle risorse idriche e della fertilità del terreno a Gaza, risultato dell’invasione israeliana.

L’Autorità Nazionale Palestinese ha stimato la distruzione dell’85% del sistema idrico della Striscia, mentre la Municipalità di Gaza ha prospettato un “collasso imminente” delle infrastrutture fognarie e di approvvigionamento idrico. L’assenza di acqua potabile, la presenza di pozze stagnanti e il proliferare di discariche improvvisate aumentano il rischio di epidemie.

Un Futuro di Desolazione: La Distruzione dei Suoli Agricoli

L’analisi delle immagini satellitari ha confermato la distruzione sistematica di suoli agricoli e forestali a Gaza, un ecocidio che comprometterà la rinascita del popolo palestinese. Già nel 2009, un rapporto delle Nazioni Unite denunciava la distruzione di molte aziende agricole a seguito delle operazioni militari israeliane, con una perdita del 60% della capacità produttiva della Striscia.

Le inchieste pubblicate dal Guardian nel 2024 hanno rivelato che il 50% delle colture arboree, il 40-48% dei campi seminativi e il 23% delle serre sono stati distrutti. La quasi totalità degli orti è stata rasa al suolo, e oltre il 40% delle aree boschive è scomparso.

Prima del conflitto, le zone dedicate all’agricoltura e gli orti si estendevano per circa 170 chilometri quadrati; a fine marzo, questa superficie si era ridotta a circa cento chilometri quadrati.

Oltre alla distruzione delle colture, i suoli spogli sono stati compattati dal passaggio di carri armati e veicoli militari pesanti, aumentando l’erosione idrica e la perdita di suolo fertile. I suoli di guerra saranno contaminati da proiettili e sostanze tossiche, mentre la mancanza di copertura vegetale faciliterà la penetrazione di tali sostanze. La pratica di bruciare colture, boschi e ulivi (arboricidio) aggrava ulteriormente la situazione.

La distruzione dei terreni agricoli, che ammonta al 42% della superficie totale, si aggiunge a decine di migliaia di vite perdute, alla devastazione della biodiversità e degli ecosistemi. Il popolo palestinese, la cui vita è intrinsecamente legata all’agricoltura e alla terra, subisce un profondo trauma psicologico e sociale. I crimini di ecocidio, suolicidio, arboricidio e affamamento costringeranno molti palestinesi ad abbandonare le proprie terre, aggravando ulteriormente povertà e perdita di dignità.

Oltre la Distruzione Fisica: Un Appello alla Consapevolezza e all’Azione

La devastazione a Gaza non è solo una questione di numeri e statistiche; è una ferita profonda all’umanità e all’ambiente. La distruzione deliberata di un ecosistema, la compromissione delle risorse idriche e la contaminazione dei suoli agricoli non solo mettono a rischio la sopravvivenza immediata della popolazione, ma minano anche le prospettive di un futuro sostenibile.

È fondamentale che la comunità internazionale prenda coscienza della gravità della situazione e agisca con determinazione per porre fine al conflitto, garantire l’accesso agli aiuti umanitari e avviare un processo di ricostruzione che tenga conto della necessità di ripristinare l’ambiente e proteggere i diritti umani.

Una nozione base di difesa dei consumatori, applicabile in questo contesto, è il diritto alla sicurezza alimentare e all’accesso all’acqua potabile. I consumatori, in quanto esseri umani, hanno il diritto fondamentale di non essere privati di questi beni essenziali a causa di conflitti o politiche discriminatorie.

Una nozione avanzata riguarda invece la responsabilità delle imprese e degli stati nel garantire che le proprie attività non contribuiscano a violazioni dei diritti umani o a danni ambientali. Le aziende che forniscono armi o tecnologie utilizzate in conflitti che causano ecocidio, così come gli stati che sostengono tali conflitti, devono essere ritenuti responsabili delle loro azioni.

Amici lettori, riflettiamo su questo: cosa possiamo fare, nel nostro piccolo, per contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica, sostenere le organizzazioni umanitarie e promuovere un futuro di pace e giustizia per tutti? La risposta a questa domanda è un passo fondamentale per costruire un mondo più equo e sostenibile.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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