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- Nel 2020, 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici globali.
- Solo il 17,4% dei rifiuti elettronici è stato riciclato.
- La Direttiva UE 2024/1799 entrerà in vigore il 30 luglio 2024.
Nel panorama odierno, la tecnologia evolve a un ritmo incalzante, promettendo un futuro connesso e agevole. Tuttavia, dietro questa facciata di progresso si cela una pratica insidiosa: l’obsolescenza programmata 2.0. A differenza delle strategie tradizionali focalizzate sull’hardware, questa nuova forma di obsolescenza sfrutta il software come strumento per accelerare il ciclo di vita dei dispositivi elettronici. Gli aggiornamenti, presentati come miglioramenti necessari per la sicurezza e l’introduzione di nuove funzionalità, si trasformano in un peso insopportabile per i dispositivi più datati, minandone la longevità.
Immaginate un orologio di precisione, un tempo simbolo di durata e accuratezza, trasformato in un fragile giocattolo a causa di un virus informatico. Questa metafora illustra perfettamente come gli aggiornamenti software, lungi dal migliorare l’esperienza utente, possano in realtà accelerare il declino dei dispositivi. I dispositivi rallentano, le batterie si esauriscono rapidamente e le applicazioni diventano inutilizzabili, trasformando i fedeli compagni tecnologici in costosi soprammobili.
Il software, vera essenza vitale di smartphone, tablet e computer, si evolve costantemente, diventando più complesso e avido di risorse. I nuovi aggiornamenti, spesso presentati come indispensabili per la sicurezza e l’aggiunta di nuove funzionalità, possono rivelarsi un fardello insostenibile per i dispositivi più anziani. È come chiedere a un atleta anziano di competere con protesi obsolete: il risultato sarà inevitabilmente deludente.
Nel 2020, sono state generate ben 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici a livello globale, pari a circa 7,3 kg pro capite. Di questi, solo il 17,4% è stato adeguatamente raccolto e riciclato, evidenziando un problema ambientale di proporzioni allarmanti. La pratica dell’obsolescenza programmata, nata negli Stati Uniti all’inizio del Novecento, ha radici profonde nel modello di produzione di massa, incentivando un consumo sfrenato a scapito della sostenibilità.
La normativa europea si sta muovendo verso una maggiore tutela dei consumatori, con l’obiettivo di promuovere un mercato interno più trasparente e sostenibile. La Risoluzione del Parlamento Europeo del 25 novembre 2020 (2020/2021(INI)) mira a incentivare modelli di produzione e consumo compatibili con lo sviluppo sostenibile, promuovendo il riuso e la riparazione e contrastando le pratiche che accorciano il ciclo di vita dei prodotti.
La Risoluzione sottolinea la necessità di fornire ai consumatori informazioni chiare sulla durata di vita prevista dei beni e sulla loro riparabilità, anche attraverso un’etichetta europea di facile comprensione. Il diritto alla riparazione, riconosciuto in capo al consumatore, implica l’accesso a riparazioni efficienti ed economicamente accessibili, realizzate da riparatori indipendenti e autorizzati. Un sondaggio Eurobarometro del 2014 ha rivelato che il 77% dei cittadini europei preferirebbe riparare i propri dispositivi piuttosto che sostituirli, evidenziando una forte volontà di contrastare la cultura dell’usa e getta.
Le pratiche delle aziende produttrici sotto esame
È lecito interrogarsi sul ruolo delle aziende produttrici in questo scenario. L’obsolescenza programmata, sia a livello hardware che software, alimenta un ciclo vizioso di consumismo, spingendo i consumatori a sostituire i dispositivi a un ritmo sempre più frenetico. Le aziende sono consapevoli di questo fenomeno? Fino a che punto sono artefici di questa strategia? Quali sono le implicazioni legali di tali pratiche?
Numerose aziende sono state accusate di implementare strategie volte a limitare la durata dei propri prodotti, spingendo i consumatori a sostituirli con modelli più recenti. Queste strategie possono includere l’utilizzo di componenti di bassa qualità, la progettazione di prodotti difficili da riparare o l’introduzione di aggiornamenti software che rallentano o rendono inutilizzabili i dispositivi più datati.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha sanzionato Apple e Samsung per pratiche commerciali scorrette legate al rilascio di aggiornamenti software che causavano disfunzioni e rallentamenti, riducendo le prestazioni dei dispositivi e accelerandone la sostituzione. Le indagini hanno evidenziato come le aziende abbiano insistito nell’installazione di aggiornamenti senza fornire adeguate informazioni sugli effetti negativi e senza offrire la possibilità di ripristinare le versioni precedenti del software.
La crescente sensibilità verso questo tema ha portato alla presentazione di proposte di legge volte a contrastare l’obsolescenza programmata, definendola come “l’utilizzo di componenti software o di sistemi operativi aventi l’effetto di peggiorare le condizioni generali del bene e il suo funzionamento”. Tuttavia, tali iniziative legislative non hanno ancora trovato un’adeguata concretizzazione.

Al contrario della situazione italiana, la Francia ha adottato una legislazione più rigorosa, definendo l’obsolescenza programmata come “il ricorso a tecniche con cui il responsabile della messa sul mercato di un prodotto mira a ridurne deliberatamente la durata di vita per aumentarne il tasso di sostituzione”. La sanzione per tale comportamento prevede per l’amministratore delegato una pena detentiva fino a due anni e per l’azienda una multa che può raggiungere il 5% del suo fatturato.
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Alternative e tutele per un consumo consapevole
Di fronte a questa realtà, i consumatori non sono impotenti. Esistono diverse strategie per difendere i propri diritti e promuovere un modello di consumo più sostenibile. Le azioni legali collettive rappresentano uno strumento importante per contrastare le pratiche scorrette delle aziende produttrici, mentre l’utilizzo di software open source offre maggiore flessibilità e controllo sulla vita dei dispositivi.
Il diritto alla riparazione è un altro elemento fondamentale per promuovere la durabilità dei prodotti. Per un’economia più circolare, è essenziale garantire l’accesso a ricambi a costi contenuti, fornire chiare guide alla riparazione e prevenire azioni abusive, quali i blocchi software, che impediscono l’impiego di componenti non originali.
La Direttiva UE 2024/1799, entrata in vigore il 30 luglio 2024, rappresenta un passo avanti significativo nella tutela dei consumatori e nella promozione della riparazione dei prodotti. Questo regolamento impone responsabilità ai fabbricanti, incoraggia il ripristino dei beni e si propone di rendere le riparazioni più accessibili ed economiche per gli acquirenti. Gli Stati membri dovranno adeguarsi alla direttiva entro il 31 luglio 2026.
Il provvedimento normativo si applica a specifiche categorie di beni, come gli elettrodomestici e i dispositivi mobili, e prevede che i produttori abbiano l’obbligo di riparare, di fornire maggiori informazioni sui servizi di assistenza, di facilitare l’accesso alle riparazioni per i consumatori e di garantire la disponibilità di pezzi di ricambio e strumenti a costi equi.
È fondamentale che i consumatori siano consapevoli dei propri diritti e che si informino sulle caratteristiche dei prodotti che acquistano, privilegiando quelli progettati per durare e facili da riparare. La scelta di prodotti ricondizionati o rigenerati, l’utilizzo di servizi di sharing e la corretta gestione dei rifiuti elettronici sono altrettanto importanti per ridurre l’impatto ambientale del nostro consumo.
Il Green Deal europeo, presentato dalla Commissione Europea nel dicembre 2019, prevede una serie di iniziative volte a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Il nuovo Piano d’azione per l’economia circolare, pubblicato nel marzo 2020, annuncia una revisione del codice del consumo europeo per garantire che i consumatori ricevano informazioni affidabili sulla durata, la disponibilità di servizi di riparazione e i ricambi.
La Direttiva (UE) 2019/771, entrata in vigore il 1° gennaio 2022, introduce alcune modifiche per favorire la durata dei prodotti, estendendo a un anno il periodo di presunzione della non-conformità al momento della consegna e sancendo l’obbligo di fornire aggiornamenti per assicurare che gli articoli con componenti digitali restino conformi.
Il Codice del Consumo stabilisce che, per un periodo di due anni dopo l’acquisto, i consumatori beneficiano della garanzia legale che protegge i loro diritti nel caso in cui il prodotto presenti difetti.
Per prolungare la durata dei prodotti, è buona pratica mantenerli aggiornati e sottoporli a controlli regolari. Quando i prodotti sono giunti al termine del loro ciclo di vita, è importante smaltirli correttamente per recuperare materie prime seconde e minimizzare l’impatto ambientale complessivo.
Verso un’economia circolare e consapevole
L’obsolescenza programmata rappresenta una sfida complessa che richiede un approccio multidisciplinare, coinvolgendo istituzioni, aziende e consumatori. È necessario promuovere un modello di consumo più responsabile e sostenibile, basato sulla durabilità, la riparabilità e il riuso dei prodotti. Solo così potremo costruire un futuro in cui la tecnologia sia al servizio dell’uomo e dell’ambiente, e non viceversa. L’innovazione non deve essere sinonimo di spreco, ma di progresso sostenibile.
L’obsolescenza programmata, in particolare quella indotta dal software, rappresenta un problema trasversale che tocca diversi ambiti, da quello economico a quello ambientale e sociale. Contrastare questa pratica significa tutelare i diritti dei consumatori, promuovere un’economia più circolare e ridurre l’impatto ambientale dei nostri consumi.
La transizione verso un’economia circolare richiede un cambiamento culturale profondo, che coinvolga tutti gli attori della società. I consumatori devono diventare più consapevoli delle proprie scelte, privilegiando prodotti duraturi, riparabili e facilmente aggiornabili. Le aziende devono adottare modelli di business più sostenibili, progettando prodotti con una maggiore attenzione alla durabilità e alla riparabilità. Le istituzioni devono promuovere politiche che incentivino la produzione e il consumo sostenibile, contrastando le pratiche scorrette e garantendo la tutela dei diritti dei consumatori.
La sfida è ambiziosa, ma non impossibile. Con un impegno collettivo e una visione lungimirante, possiamo costruire un futuro in cui la tecnologia sia al servizio di un mondo più sostenibile e giusto.
Difesa del consumatore: consapevolezza e azione
Amici, in questo intricato mondo tecnologico, una nozione base da tenere sempre a mente è che abbiamo il diritto di essere informati. Prima di acquistare un dispositivo, cerchiamo di capire quanto durerà e se sarà facile ripararlo. E poi, non dimentichiamoci di smaltire correttamente i nostri vecchi apparecchi!
A un livello più avanzato, ricordiamoci che possiamo unirci ad associazioni di consumatori o partecipare ad azioni legali collettive per far sentire la nostra voce contro le aziende che praticano l’obsolescenza programmata. La forza del gruppo può fare la differenza!
E ora, fermiamoci un attimo a riflettere. Non lasciamoci sedurre dall’ultimo modello scintillante se il nostro dispositivo funziona ancora bene. Chiediamoci se abbiamo davvero bisogno di quell’upgrade o se possiamo allungare la vita del nostro fedele compagno tecnologico. In fondo, la vera innovazione sta nel consumare in modo più consapevole e responsabile.








