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Trattato sulla plastica fallito: un’opportunità persa?

La mancata convergenza a Ginevra tra 184 stati riaccende il dibattito sulla lotta all'inquinamento da plastica e sull'efficacia delle azioni globali.
  • Accordo fallito a Ginevra tra 184 stati sull'inquinamento da plastica.
  • Produzione di plastica triplicata entro il 2050: minaccia ambientale.
  • Meno dell'1% della plastica creata è riciclata efficacemente.

Il ripetuto tentativo per giungere a un accordo globale relativo alla plastica ha incontrato una battuta d’arresto, suscitando dubbi in merito al destino del nostro pianeta e alla reale attitudine della comunità internazionale nel fronteggiare uno degli imperativi ecologici più pressanti dell’epoca contemporanea. La conferenza svoltasi a Ginevra, durante la quale hanno preso parte rappresentanti provenienti da 184 Stati, ha visto il suo epilogo privo di una convergenza concreta, ostacolata dall’opposizione manifestata da paesi esportatori di petrolio e dalla crescente influenza delle lobby legate ai combustibili fossili.

Il fallimento del trattato globale: un’occasione persa?

La posta in gioco era alta: definire una normativa stringente sulla produzione di plastica, un materiale che, se da un lato ha rivoluzionato la nostra vita quotidiana, dall’altro sta soffocando il pianeta con i suoi rifiuti. La speranza era quella di un accordo vincolante che imponesse limiti alla produzione e all’uso di sostanze chimiche pericolose, promuovendo un’economia circolare e una gestione responsabile dei rifiuti. Tuttavia, le divergenze tra i Paesi si sono rivelate insormontabili. Da un lato, la “High Ambition Coalition”, composta da circa 100 nazioni, spingeva per obiettivi ambiziosi e vincolanti. D’altra parte, nazioni come Stati Uniti, Cina, Russia e Arabia Saudita, seppur poche, ma con un notevole peso nell’industria petrolifera, sostenevano approcci meno stringenti, focalizzandosi unicamente sul riciclo e lo smaltimento dei rifiuti. Questo braccio di ferro ha portato a un nulla di fatto, con due bozze di trattato deboli e incapaci di affrontare la crisi in modo efficace.

Cosa ne pensi?
  • È un peccato che l'accordo sia fallito... 😔...
  • Forse il problema non è la plastica, ma come la gestiamo... 🤔...
  • Invece di accordi globali, puntiamo su azioni locali concrete... 🌍...

L’inquinamento da plastica: una minaccia globale

Le statistiche sono inequivocabili: l’aumento della produzione di plastica ha raggiunto dimensioni insostenibili, con previsioni che indicano un possibile triplo incremento entro il 2050. Annualmente, milioni di tonnellate scivolano nei mari, compromettendo non soltanto gli habitat marini ma anche intaccando l’integrità della catena alimentare globale. Le microplastiche—difficilmente percepibili a occhio nudo—sono emerse negli apparati digerenti dei pesci, nei corpi dei mammiferi terrestri e addirittura nell’organismo umano stesso. La fabbricazione della plastica ha un forte legame con le attività estrattive nel settore del petrolio e del gas naturale, contribuendo così a una grave crisi ambientale caratterizzata da inquinamento atmosferico e da mutamenti climatici devastanti. A dispetto delle affermazioni ottimistiche riguardo al recupero tramite il riciclo—presentato come panacea per i nostri mali ambientali—si configura come un’illusione: meno dell’1% delle plastiche create riesce a trovare realmente una nuova vita attraverso questa pratica; per lo più finite abbandonate in discariche o disperse nell’ecosistema circostante.

L’azione dal basso: un’alternativa possibile?

Di fronte al fallimento dei negoziati globali, cresce la consapevolezza che l’azione deve partire dal basso. Città e regioni di tutto il mondo stanno adottando misure concrete per ridurre l’inquinamento da plastica, promuovendo il riuso, il riciclo e la sostituzione con materiali più sostenibili. Ad esempio, la città tedesca di Friburgo si distingue per aver avviato la “Freiburg Cup”, un sistema di tazze riutilizzabili per caffè, in collaborazione con esercizi commerciali locali come bar e panetterie. Analogamente, Quezon City, nelle Filippine, ha implementato una politica che obbliga i grandi centri commerciali e i punti vendita alimentari a incentivare l’uso di contenitori riutilizzabili per i prodotti consumati in loco o da asporto. Queste esperienze dimostrano che, anche in assenza di un accordo globale, è possibile fare la differenza, creando un cambiamento comportamentale e commerciale a lungo termine.

Un futuro senza plastica? Riflessioni e prospettive

Il fallimento del trattato globale sulla plastica rappresenta un’amara delusione, ma non deve scoraggiare gli sforzi per affrontare questa sfida cruciale. È necessario rivedere l’impostazione decisionale in sede Onu, superando il meccanismo del consenso unanime che ha permesso a una minoranza di Paesi di bloccare i progressi. Allo stesso tempo, è fondamentale sostenere e promuovere le iniziative locali e regionali, che dimostrano come sia possibile ridurre l’inquinamento da plastica attraverso azioni concrete e innovative. Il futuro potrebbe essere caratterizzato da un mondo con meno plastica, o con una plastica diversa, prodotta da materiali bio e riciclabili. La ricerca scientifica sta aprendo nuove strade, con bioplastiche, batteri e insetti “mangia-plastica” che potrebbero rivoluzionare il settore. La sfida è complessa e richiede un impegno collettivo, ma la posta in gioco è troppo alta per rinunciare.

Oltre il fallimento: un nuovo paradigma per la difesa del consumatore

Cari amici, non lasciamoci sopraffare dal risultato insoddisfacente di Ginevra. Questa circostanza può essere fonte di delusione, ma ci offre anche l’opportunità di ricordarci quanto sia cruciale difendere l’ambiente e proteggere gli interessi dei consumatori mediante scelte illuminate nella nostra vita quotidiana. *Ciascuna volta in cui selezioniamo articoli con minore imballaggio, riutilizziamo recipienti oppure gestiamo correttamente lo smaltimento dei rifiuti, stiamo contribuendo attivamente alla lotta contro l’inquinamento da plastica.
In questo contesto emerge il concetto innovativo della
responsabilità estesa del produttore (REP)*. Tale principio sta guadagnando sempre maggiore attenzione a livello internazionale ed implica che i fabbricanti siano responsabili per l’intero percorso vitale dei prodotti da loro creati; questo va dalla progettazione iniziale fino alla fase finale della loro esistenza. Insomma: è insufficiente limitarsi all’atto della produzione; occorre farsi carico anche delle modalità di smaltimento oltre agli impatti ecologici derivanti dai medesimi.
Interroghiamoci su questo punto: possediamo davvero una piena coscienza riguardo ai beni che acquistiamo e al processo mediante il quale li conferiamo a fine vita? Saremmo disposti a sacrificare alcune comodità pur di favorire uno scenario più ecologico in avvenire? La risposta a queste domande è nelle nostre mani.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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