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Conad cosa scriveresti su questa etichetta? Sicuramente non “caffè”

Nuove normative UE chiariscono la responsabilità delle etichette alimentari: produttori, distributori e venditori sotto esame per la veridicità delle informazioni.
  • Il Regolamento 1169/2011 impone una trasparenza maggiore nelle etichette alimentari.
  • Le grandi catene distributive come Conad, Coop, Esselunga e Lidl devono verificare le informazioni sui prodotti a marchio proprio.
  • Il caso del caffè e ginseng solubile Conad evidenzia che il 52% del prodotto è costituito da zuccheri, nonostante l'etichetta ingannevole.

Se davanti legge “caffè e ginseng”, il consumatore cosa si aspetta di trovare, in maggior percentuale nel prodotto… Caffè e ginseng, giusto? Ci basta leggere l’elenco degli ingredienti per capire che in realtà il 52% del prodotto Conad che abbiamo comprato è costituito da zuccheri. Gli ingredienti sono infatti: zucchero, latte scremato in polvere (27%), sciroppo di glucosio, caffè solubile (12%), olio di cocco, aromi ed estratto di Panax ginseng (0,4%).

Sarebbe più onesto chiamare questo prodotto: “Zuccheri e latte in polvere al sapore di caffè con aroma ginseng“.

Questo esempio mette in luce l’importanza dell’onestà quando si parla di etichetta frontale. Il consumatore potrebbe essere indotto a credere che il prodotto sia principalmente composto da caffè e ginseng, quando in realtà le componenti principali sono zuccheri e latte in polvere. Questo modo di etichettare è fuorviante e solleva questioni etiche e legali sulla responsabilità del distributore.

La questione dell’etichettatura dei prodotti alimentari è un tema di grande rilevanza nel panorama della difesa dei consumatori. Il Regolamento 1169/2011 dell’Unione Europea rappresenta un punto di riferimento fondamentale per gli operatori del settore alimentare, stabilendo norme precise per garantire la trasparenza e la veridicità delle informazioni fornite ai consumatori. Questo regolamento impone, tra le altre cose, la dichiarazione nutrizionale obbligatoria, l’esplicitazione dei diversi tipi di olii o grassi utilizzati e l’evidenza grafica della presenza di allergeni tra gli ingredienti. Tuttavia, un aspetto cruciale che merita particolare attenzione è l’attribuzione delle responsabilità sui contenuti informativi del prodotto… ma evindetemente non basta.

Un ingrediente al 12% può entrare nel nome del prodotto? e uno al 0,4%?

Secondo la normativa europea, in particolare il Regolamento UE 1169/2011, ci sono specifiche disposizioni riguardanti la denominazione degli alimenti e l’uso degli ingredienti nel nome del prodotto.

Ingredienti nel nome del prodotto

  1. Regole Generali: La denominazione di un alimento deve riflettere la sua composizione. Se un ingrediente è presente in quantità significativa, è lecito includerlo nel nome del prodotto. Tuttavia, non esiste una soglia fissa per determinare cosa costituisca una “quantità significativa”.
  2. Ingredienti Minori: Un ingrediente che rappresenta solo il 0,4% del prodotto, come nel caso dell’estratto di Panax ginseng, non è generalmente considerato sufficiente per giustificare la sua presenza nel nome del prodotto. La normativa tende a privilegiare ingredienti che hanno un impatto maggiore sulla caratterizzazione del prodotto.
  3. Ingredienti Maggiori: Un ingrediente presente al 12%, come il caffè solubile nel nostro esempio, potrebbe essere considerato sufficiente per essere incluso nel nome del prodotto, a condizione che non ci siano altre indicazioni che potrebbero indurre in errore il consumatore.
Cosa ne pensi?
  • 🔍 Ecco perché è fondamentale una corretta etichettatura degli alimenti......
  • 😠 È inaccettabile che ci siano ancora etichette fuorvianti......
  • 🤔 Vi siete mai chiesti chi davvero tutela le nostre scelte......

Chi è il responsabile delle informazioni sulle etichette?

La normativa precedente, come il Decreto Legislativo 109/1992 in Italia e la Direttiva 2000/13/CE, non specificava in modo chiaro chi dovesse assumersi la responsabilità delle informazioni presenti in etichetta. Il Regolamento 1169/2011, invece, chiarisce che la completezza e la veridicità delle informazioni sono a carico di chi si assume la responsabilità del prodotto, ossia chi pone il proprio nome e indirizzo sulla confezione. Questo significa che:

  • L’onere delle informazioni veritiere ricade su chi importa e distribuisce nella UE prodotti da paesi non membri.
  • Chi vende con il proprio marchio un prodotto commissionato, prodotto e confezionato da terzi deve concordare, verificare e validare le informazioni presenti in etichetta.

Un esempio emblematico è quello delle grandi catene distributive come Conad, Coop, Esselunga e Lidl, che vendono prodotti con il proprio marchio ma li fanno produrre da altri. Anche in questo caso, la responsabilità delle informazioni in etichetta ricade su chi appone il logo o il nome.

Responsabilità post-produzione e veridicità delle informazioni

La responsabilità non si esaurisce con la produzione. Il regolamento attribuisce anche a chi vende e/o somministra il compito di assicurare e verificare la conformità delle informazioni attribuite ai prodotti. Questo implica che chi vende il prodotto confezionato da altri deve comunque verificare le informazioni riportate, pena la condivisione della responsabilità di dare un’informazione carente o non veritiera. Questo coinvolge non solo le rivendite classiche come negozi e supermercati, ma anche le piattaforme di e-commerce.

Un altro caso frequente riguarda i produttori che, con piccole attività di trasformazione, affiancano la propria produzione agricola o d’allevamento. Spesso vendono i prodotti frutto della loro attività, ma occasionalmente ospitano e vendono anche prodotti dei loro vicini. Ad esempio, un produttore di salumi potrebbe commercializzare cesti natalizi che includono specialità come lenticchie o bottiglie di vino dalla zona circostante. Anche in questo caso, la responsabilità delle informazioni in etichetta rimane in capo a chi vende il prodotto.

La legge ci sarebbe: Decreto Legislativo Italiano 231/2017

  • Entrato in vigore il 9 maggio 2018, introduce sanzioni da 500 a 40mila euro per i produttori che riportano sulle etichette alimentari informazioni false, scorrette o incomplete

I produttori hanno l’obbligo di non commercializzare prodotti non conformi, di non riportare informazioni ingannevoli e di comunicare correttamente le informazioni agli operatori e ai consumatori.

Bullet Executive Summary

L’onestà nella scelta degli ingredienti da includere nel nome di un prodotto implica rispettare le normative che garantiscono trasparenza e chiarezza. Anche quando le normative hanno zone grige e consentono alle aziende spinte commerciali, le aziende oneste scelgono di non aprofittare di queste zone grigie, per evitare anche solo il rischio di ingannare i consumatori, assicurandosi che solo gli ingredienti significativi siano rappresentati nel nome del prodotto, in conformità con le disposizioni europee… e soprattutto con il buon senso (che non è normabile).

Articolo ibrido frutto dell’AI, ma revisionato da un essere umano.(scopri di più)
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